
Presentiamo qui un importantissimo vademecum sull’opzione di minoranza, con fac simili di mozioni da presentare in tutti i collegi docenti. Il documento è frutto del lavoro collettivo dall’associazione ALAS con altre realtà e movimenti che si occupano di scuola (per informazioni cfr. htpps://genitoreattivo.wordpress.com. o Alas, via Matteo Boiardo 10/a – Roma da lunedì a mercoledì h.15-18. alas.educatori@gmail.com)
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Vademecum su opzioni di minoranza
L’art. 33 della nostra Costituzione
“L’arte e la scienza sono libere, e libero ne è l’insegnamento”
Con questo articolo si sancisce il pluralismo e la libertà di insegnamento a garanzia della democrazia di un’intera società: principale obiettivo e responsabilità del/la docente.
Con le risorse del PNRR (**) [che in gran parte dovremo restituire con tagli ai servizi e alle pensioni] gli stravolgimenti “a bassa intensità”(*) di questi ultimi anni stanno acquisendo una velocità di trasformazione esponenziale in direzione di una sempre maggiore standardizzazione e una limitazione del pluralismo, che si concretizzano nei:
1. quiz Invalsi, i cui effetti sulla standardizzazione della didattica sono ormai patrimonio critico comune tra la maggioranza dei/lle docenti e non solo;
2.un’ossessiva spinta verso l’utilizzo didattico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione – TIC, quando ormai molti studi stanno rilevando come esso abbia abbassato i livelli e la qualità dell’apprendimento;
3. corsi di formazione che spingono i/le docenti ad allontanarsi sempre più dai contenuti delle loro discipline a favore di una didattica incentrata esclusivamente sulle metodologie, come se la conoscenza profonda degli argomenti fosse diventata secondaria e quasi facoltativa;
4. programmazioni di “dipartimento” e d’istituto che pretenderebbero di sostituirsi alle programmazioni per le singole classi, come se queste non fossero composte da individui portatori di singole potenzialità e/o difficoltà che dovrebbero essere al centro dell’attività di programmazione del/lla docente con le sue peculiarità pedagogiche;
5. ossessive griglie di valutazione standardizzate per materie, come se l’atto valutativo fosse un semplice atto meccanico, nel quale il percorso soggettivo dello/a studente/ssa e del/la docente scompaiono completamente;
6. svolgimento di prove per classi parallele, ormai inserite in moltissimi PTOF, con un effetto deleterio molto simile ai quiz Invalsi, spingendo cioè verso una competizione sterile tra docenti che non tiene conto delle effettive differenze presenti tra le singole classi e tra i diversi approcci didattici;
7. uniformità dei libri di testo che sono ormai praticamente tutti sovrapponibili: che distanza dalla libertà di insegnamento che fino a 15-20 anni fa si esprimeva scegliendo il manuale da adottare, quando i testi erano diversificati per metodi e contenuti della materia di insegnamento;
8. libri di testo, dirigenti scolastici, indicazioni ministeriali spingono sempre più verso una didattica delle competenze che stravolge senso, direzione e finalità dell’atto educativo, tanto che chi continua a fare scuola concentrandosi sulla trasmissione profonda dei saperi viene giudicato un passatista;
9. burocratizzazione delle difficoltà di alunni/e attraverso sterili e spesso dannose certificazioni BES, che mettono da parte la questione centrale (le risorse economiche necessarie per aiutare fattivamente questi/e alunni/e) e che pretendono di considerare le difficoltà come patologie;
10. percorsi di PCTO [ex alternanza scuola-lavoro] che stanno imponendo alla scuola italiana il paradigma del “capitale umano”, trasformando gli alunni da cittadini in formazione a lavoratori (precari) in addestramento;
11. uso generalizzato del Registro Elettronico on line che sostituisce il Registro di classe (per la registrazione delle assenze/presenze) e il Giornale del docente (per la registrazione degli apprendimenti e degli argomenti trattati da ogni docente) entrambi cartacei e ancora legalmente validi; il R.E. è usato impropriamente anche per le comunicazioni alle famiglie, in totale spregio delle norme sulla privacy di alunni, docenti e genitori (***).
(*)In questi ultimi anni tutto questo è avanzato nelle singole scuole quasi senza imposizioni forzate, come se fosse una libera scelta della scuola stessa; i dirigenti, longa manus del “cambiamento”, anch’essi sottoposti a sistematici condizionamenti ideologici da parte dei loro superiori, hanno indirizzato i PTOF verso queste metodologie e attività, portando queste questioni nei Collegi docenti nei quali, complice la passività di tanti/e insegnanti, si è approvato di tutto determinando così un progressivo stravolgimento dell’attività didattica quotidiana, stravolgimento spesso accompagnato da una serie infinita di incombenze burocratiche che tali pratiche portano con sé.
Paradossalmente la scuola italiana, dopo il periodo fascista, non era stata mai così uniformata e centralizzata se non all’apparire dell’Autonomia scolastica: non sarebbe stato il Ministero ad imporre il “cambiamento”, ma le scuole stesse avrebbero sposato le linee centralizzanti che i dirigenti scolastici erano incaricati di far passare nelle scuole.
E così oggi le scuole “autonome” sono praticamente tutte uguali, i PTOF sono spesso sovrapponibili e le “mission” della scuola rispondono sempre più chiaramente ai desiderata di Confindustria.
Ma la libertà di insegnamento non si può abolire, perché è inscritta appunto nella Costituzione. E infatti tutti i governi, nonostante abbiano tentato continuamente di limitare il ruolo degli Organi Collegiali, in ogni riforma sono stati costretti ad inserire una norma, che lascia aperta la possibilità anche per il singolo docente o per gruppi di docenti di dissentire rispetto a quanto deciso dalla maggioranza dei/lle colleghi/e e inserito nel PTOF.
Si tratta della cosiddetta “opzione di minoranza” o “opzione di gruppi minoritari” che fu introdotta in seguito a un ricorso avviato contro l’antenato del PTOF che allora si chiamava PEI (Progetto Educativo d’Istituto, d.P.C.M. 7/6/1995 e art. 39, CCNL Scuola 1994/1997): il giudice riconobbe, proprio in virtù dell’articolo 33, che nessuna decisione maggioritaria di un Collegio docenti poteva sopprimere la libertà di insegnamento del/la singolo/a insegnante e dunque, da allora, fino alla famigerata legge 107, i “riformatori” della scuola sono stati costretti ad inserire una clausola che salvaguardasse la libertà d’insegnamento. Infatti attualmente il comma 14 dell’unico articolo della legge 107 a proposito del PTOF, recita: “Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari”.
Dunque ogniqualvolta si presenteranno in Collegio delle proposte che non condividiamo nel merito e/o nel metodo – se non riusciamo a bocciarle – possiamo/dobbiamo utilizzare questa clausola, facendo mettere a verbale la nostra contrarietà sui singoli punti e facendo valere questo comma 14 che altro non è che l’eredità lasciata dai nostri Costituenti al libero lavoro dei docenti italiani nella libera scuola della nostra Repubblica.
1 – Che cos’è l’opzione di minoranza?
È una fondamentale “clausola di garanzia” posta a tutela del principio costituzionale della libertà d’insegnamento e ci permette di non essere vincolati, anche come singoli/e docenti, alle scelte didattico-metodologiche votate dal Collegio Docenti e previste dal PTOF.
L‘articolo 1, comma 14, della legge n. 107/2015 (“Buona Scuola”), che modifica l’articolo 3 del d.P.R. n. 275/1999, ribadisce che:
“Il piano [triennale dell’offerta formativa, ndr] è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi, determinati a livello nazionale a norma dell’articolo 8, e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizza le corrispondenti professionalità e indica gli insegnamenti e le discipline […]”.
Da ciò discende l’OBBLIGO che l’opzione di minoranza, ovviamente purché non contraria alle norme, sia riconosciuta, accolta e dunque inserita nel PTOF affinché anche famiglie e studenti/esse ne siano edotti.
2 – In quale momento presentarla
Il momento più opportuno per presentare l’opzione di minoranza è la seduta del Collegio Docenti in cui l’intero PTOF o il singolo intervento didattico che non condividiamo e da cui ci vogliamo dissociare venga inserito all’o.d.g. per essere discusso e approvato.
Chi non ha partecipato alle sedute di discussione e approvazione del PTOF o che comunque abbia successivamente maturato una diversa posizione, potrà presentarla anche a posteriori, protocollandola in qualsiasi momento (la ricezione del protocollo da parte della Segreteria è un atto dovuto che non può essere rifiutato); in tal caso, l‘inserimento dell’opzione nel PTOF potrà avvenire in occasione della prima revisione o aggiornamento dello stesso.
3 – Come presentarla
L’ideale sarebbe riuscire a trovare momenti di confronto con colleghi e colleghe (le riunioni per materie, ad esempio, ma anche le assemblee RSU) in cui discutere ed elaborare un breve documento da firmare e presentare insieme durante il Collegio Docenti perché venga messo a verbale. In ogni caso la stessa cosa può essere fatta come singolo/a docente e le adesioni di altri/e docenti al documento possono avvenire anche in sede di Collegio. È importante comunque che le opzioni di gruppo minoritario siano nominali: deve cioè risultare, a verbale o dal documento dell‘opzione presentato, il nominativo o i nominativi di chi intende avvalersene.
4 – Che cosa rispondere ai presidi che si rifiutano di accoglierla
Richiamare, in corso della discussione collegiale, la normativa di riferimento. Oltre al citato comma 14 dell’art. 1 della l. n. 107/2015:
a) l‘articolo 33 della Costituzione della Repubblica Italiana: “L‘arte e la scienza sono libere e libero ne è l‘insegnamento”;
b) l‘articolo 13 della Carta Europea dei Diritti, “Le arti e la ricerca scientifica sono libere. La libertà accademica è rispettata”;
c) l’articolo 7, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001: “Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca”;
d) l’articolo 1, commi 1, 2 e 3, e l’articolo 395, comma 1, del d.lgs. n. 297/1994: “1. Nel rispetto delle norme costituzionali e degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. 2. L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni. 3. È garantita l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca.” (art. 1); “1. La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità” (art. 395).
Nel caso di ostinato rifiuto da parte del Collegio di recepire l’opzione, reiterare la richiesta in forma scritta, con i medesimi riferimenti di legge, protocollandola avendo cura di chiedere e conservare il numero di protocollo.
5. È vero che se si utilizza l’opzione di minoranza è necessario indicare le azioni alternative che vogliamo praticare?
Dipende dall’argomento trattato. Se, ad esempio, si rifiutano le prove per classi parallele non è necessario individuare alternative, perché tali prove non rientrano in nessun obbligo contrattuale o normativo, ma diventano obbligo solo se le approviamo in seno al Collegio dei docenti e non facciamo mettere a verbale la nostra opzione di minoranza. Se invece rifiutiamo le griglie standardizzate di valutazione, dobbiamo indicare nella nostra opzione di minoranza in che modo procederemo nella valutazione visto che quest’ultima è un preciso dovere professionale.
6. Su quali argomenti posso avvalermi dell’opzione di minoranza?
In via generale, su tutte quelle materie che non sono normate in modo stringente per legge e sono demandate alle decisioni dei singoli Collegi dei docenti; tali materie sono moltissime e in particolare tutte quelle legate alla didattica e alla sua organizzazione.
Sui siti COBAS Scuola sono disponibili modelli di mozioni già predisposte su alcuni argomenti. In merito a questi ultimi o ad altri che ne richiedessero l’adozione, è possibile contattare le sedi COBAS Scuola che sono a disposizione per ogni ulteriore informazione.
7. Posso avvalermi dell’opzione di minoranza individualmente o è necessario essere un gruppo?
La norma parla di “gruppi minoritari”, ma ovviamente è possibile che tale “gruppo” sia costituito anche da una sola persona, visto che il riferimento principe è proprio la libertà di insegnamento (“… il professore è libero nella sua attività didattica, pur nei limiti derivanti dalla disciplina scolastica, …” Corte Cost. Sent. n. 77/1964). Ad eventuali obiezioni dirigenziali di questo tipo, non è nemmeno necessario rispondere: è sufficiente far mettere a verbale la propria mozione di minoranza.
(**) Dall’a.s. 2023/2024 con i soldi del PNRR molte novità rischiano di accelerare gli effetti di queste pressioni e modificare profondamente l’assetto della nostra Scuola pubblica.
Oltre all’intromissione di Tutor e Orientatore [d.m. n. 63/2005] nell’attività di ogni istituto di istruzione secondaria superiore, in tutti gli ordini e gradi di scuola – oltre a quanto già previsto dall’art. 1, comma 124, della l. n. 107/2015 – dovranno essere avviate le attività di formazione obbligatoria “in servizio”, “deliberate dal collegio dei docenti” [art. 36, commi 1 e 3 e art. 44, comma 4, CCNL 2023] previste dalle leggi n. 79 e n. 142 del 2022, per la realizzazione delle figure del “docente incentivato” e del “docente stabilmente incentivato”. Formazione quest’ultima obbligatoria per i/le neoassunti/e e facoltativa per chi è già di ruolo.
Collegio docenti e Consiglio d’istituto saranno quindi chiamati a deliberare sia le attività della formazione sia per individuare “le figure necessarie ai bisogni di innovazione previsti nel PTOF, nel RAV e nel PdM” [art. 16-ter, d.lgs. n. 59/2017 come modificato dalla l. n. 142/2022].
Insieme a queste delibere bisognerà avviare la contrattazione d’istituto tra DS e RSU per definire “i criteri generali di ripartizione delle risorse per la formazione del personale nel rispetto degli obiettivi e delle finalità definiti a livello nazionale con il Piano nazionale di formazione dei docenti” e “i criteri di utilizzo delle risorse finanziarie e la determinazione della misura dei compensi di cui al decreto del MIM n. 63 del 5 aprile 2023” [art. 30, comma 4, lett. c7) e c11) del CCNL 2023], cioè la parte dei compensi relativa al PNRR per “docenti tutor”e ”docente orientatore”.
Attraverso le ingentissime risorse del PNRR, con una strategia che ancora una volta si può avvalere della fattiva collaborazione dei dirigenti scolastici – “protagonisti del nuovo” [Gui] – e dei loro staff [basta leggere i compensi cui possono ambire], vengono introdotti profondi cambiamenti che non si fanno assolutamente carico delle urgenze che quotidianamente viviamo nella Scuola [classi sovraffollate, carenze edilizie, mancanza di fondi per svolgere attività di recupero, ecc.], anzi le aggravano poiché le risorse vengono destinate principalmente alla nuova tumultuosa emergenza “innovazionista” rappresentata dalla “digitalizzazione” [ben 2,1 miliardi fino al 2026 che si aggiungono ai circa 2 miliardi spesi dal 2007 al 2019 anche col PNSD, senza contare il centinaio di milioni investito durante l’emergenza COVID-19] e dalla nascita dal nulla di nuovi compiti e figure per il personale docente di cui non si sentiva alcun bisogno: tutor e orientatore, “docente incentivato” e “docente stabilmente incentivato”.
Figure queste ultime che minano l’unità del collegio docenti incentivando la logica della competitività, in un ambiente che invece richiede forme di collaborazione e continuo confronto. Tutor che minano la libertà di insegnamento e di valutazione, intromettendosi nel rapporto con gli alunni; delegittimano il ruolo dei consigli di classe esautorandoli dai compiti affidati dal Testo Unico; mutano il ruolo dell’insegnante, trasformandolo in orientatore, certificatore di competenze, “psicologo”, consigliere delle famiglie, ecc.; per di più con incarichi sottopagati che svalutano ulteriormente la nostra professionalità e mostrano la misera considerazione che al Ministero hanno del nostro ruolo. E mutano anche il ruolo della scuola trasformandola sempre più in luogo di accudimento e babysitteraggio.
Per altro, non convince l’idea di una Scuola che abbia come principale scopo il presunto orientamento verso future professioni che si modificano in modi e a velocità imprevedibili.
Le risorse del PNRR incentivano un’idea di Scuola il cui orizzonte è quel tecno-ottimismo [mai effettivamente dibattuto all’interno delle nostre scuole] che già tanti danni ha prodotto nei sistemi scolastici dei paesi industrializzati. Tanto che, la stessa OCSE è costretta ad ammettere che – ancor prima della pandemia – i risultati in comprensione del testo scritto, in matematica e scienze erano in regressione negli ultimi anni e addirittura che:
“ • Le risorse investite nelle TIC per l’istruzione non sono collegate al miglioramento dei risultati degli studenti in lettura, matematica o scienze.
• Nei paesi in cui è meno abituale per gli studenti utilizzare Internet a scuola per i compiti, le prestazioni degli studenti nella lettura sono migliorate più rapidamente, rispetto ai paesi in cui tale uso è, in media, più frequente.
• Nel complesso, la relazione tra l’uso del computer a scuola e il rendimento è illustrata graficamente da una forma a collina, che suggerisce che un uso limitato dei computer a scuola può essere preferibile al non utilizzo, ma che livelli di utilizzo del computer superiori all’attuale media OCSE sono associati con risultati significativamente inferiori”.
E sempre l’OCSE sottolinea che: “Mentre gli investimenti in hardware, software e connettività sembrano aumentare con le risorse spese per l’istruzione, è anche chiaro che questi investimenti competono per le risorse con altre priorità”.
Risultati e dati confermati anche dalle specifiche ricerche effettuate in Italia da Ranieri, Gui e Salmieri che hanno posto in risalto due tipi di limiti della digitalizzazione per l’educazione:
1. limiti di tipo cognitivo: l’utilizzo del digitale nella vita quotidiana presenta per molti utenti un rischio di iperstimolazione, i cui effetti problematici si registrano a livello di performance cognitive, ma anche di benessere soggettivo;
2. limiti di tipo sociale: un uso sostitutivo della relazione mediata apre il rischio di una perdita di profondità, sia nella comprensione reciproca sia nella comprensione dei concetti.
Inoltre, anche un documento approvato dalla VII Commissione permanente Istruzione del Senato il 9.6.2021 afferma che: “Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri.”
IL PIANO SCUOLA 4.0 L’elaborazione dei progetti è stata vincolata a tempi ristrettissimi che hanno di fatto escluso la piena partecipazione della comunità scolastica e da un rigido format elaborato secondo un’ottica economicista ed efficientista che poco ha a che vedere con la Scuola e l’Istruzione. Progetti spesso elaborati nelle segrete stanze e poi frettolosamente approvati da Collegi docenti e Consigli d’istituto non sempre informati e consapevoli.
I finanziamenti legati al PNRR, che transitano dalle scuole per poi arricchire i già miliardari profitti dei colossi informatici [ i cosidetti GAFAM, che spesso neanche pagano le giuste tasse], sono in grandissima parte soldi già nostri [il bilancio UE è alimentato dai trasferimenti degli Stati membri] che ci vengono prestati ricattandoci per introdurre riforme e realizzare progetti decisi a livello europeo da organismi economici [in primis l’OCSE].
122,6 miliardi dei 191,5 previsti per l’Italia dovranno essere restituiti con gli interessi con un incremento del nostro debito pubblico che lascia presagire futuri tagli a beni e servizi.
(***) Non dimentichiamo che il Decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012 impose di adottare il Registro Elettronico per “semplificare” la gestione burocratica da parte del docente e consentire alle famiglie una maggiore supervisione sulle attività scolastiche dei propri figli. L’art. 7 prevedeva che entro 60 giorni venisse approvato un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca. Ad oggi questo piano non è ancora stato approntato: nel frattempo l’assenza di tutela sui dati degli alunni e il disprezzo pedagogico per ogni principio di precauzione stanno irrimediabilmente deformando la percezione dell’autocontrollo delle future generazioni.
Per finire condividiamo le accorate conclusioni di un recente saggio di A. Angelucci e G. Barracco : “Davanti ai risultati mai pervenuti della cosiddetta rivoluzione digitale della scuola – che millenaristicamente viene evocata dalla fine degli anni Ottanta – e davanti ai risultati chiari che suggeriscono una relazione tra crollo delle facoltà degli studenti (memoria, attenzione, concentrazione, precisione, capacità di strutturare il pensiero e di dargli forma in una sintassi articolata e circostanziata, ecc.), caduta dei livelli di conoscenza e competenza degli studenti medi, e diffusione dei mezzi digitali, occorrerebbe chiedersi se davvero sia questa l’unica strada che vale la pena percorrere, se davvero siamo consapevoli della strada che abbiamo deciso di percorrere, delle implicazioni che questa scelta reca con sé e della destinazione cui ci condurrà” …..[I mezzi determinano i fini. Sul rapporto tra infrastruttura digitale e scuola – 2022].
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MOZIONE/OPZIONE DI MINORANZA SULLE T.I.C.
Al/la Dirigente scolastico/a
Al Collegio docenti
Al Consiglio di Circolo o d’Istituto
OGGETTO: mozione/opzione di minoranza [art. 3 d.P.R. n. 275/1999] sull’utilizzo didattico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione – TIC
Il/la/i sottoscritto/a/i ………………………………. , docente/i nell’Istituto …………………… di ………………….., ritiene/engono che l’utilizzo didattico delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione – TIC, pur se in linea di massima auspicabile in considerazione della loro centralità nell’attuale scenario comunicativo, debba necessariamente attenersi ad un principio di cautela ed essere pertanto circoscritto, a stretta discrezione del docente, a campi di applicazione ove i vantaggi risultino di incontrovertibile evidenza.
Secondo l’OCSE i risultati in comprensione del testo scritto, in matematica e scienze sono in regressione negli ultimi anni in cui è aumentato l’uso di queste tecnologie:
“ • Le risorse investite nelle TIC per l’istruzione non sono collegate al miglioramento dei risultati degli studenti in lettura, matematica o scienze.
• Nei paesi in cui è meno abituale per gli studenti utilizzare Internet a scuola per i compiti, le prestazioni degli studenti nella lettura sono migliorate più rapidamente, rispetto ai paesi in cui tale uso è, in media, più frequente.
• Nel complesso, la relazione tra l’uso del computer a scuola e il rendimento è illustrata graficamente da una forma a collina, che suggerisce che un uso limitato dei computer a scuola può essere preferibile al non utilizzo, ma che livelli di utilizzo del computer superiori all’attuale media OCSE sono associati con risultati significativamente inferiori”.
E sempre l’OCSE sottolinea che:
“Mentre gli investimenti in hardware, software e connettività sembrano aumentare con le risorse spese per l’istruzione, è anche chiaro che questi investimenti competono per le risorse con altre priorità”.
Anche specifiche ricerche effettuate in Italia [Ranieri, Gui e Salmieri] hanno posto in risalto due tipi di limiti della digitalizzazione per l’educazione:
1. limiti di tipo cognitivo: l’utilizzo del digitale nella vita quotidiana presenta per molti utenti un rischio di iperstimolazione, i cui effetti problematici si registrano a livello di performance cognitive, ma anche di benessere soggettivo;
2. limiti di tipo sociale: un uso sostitutivo della relazione mediata apre il rischio di una perdita di profondità, sia nella comprensione reciproca sia nella comprensione dei concetti.
Infine, la VII Commissione permanente Istruzione del Senato il 9.6.2021 ha approvato un documento in cui si afferma che:
“Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri.”
Costituiscono un monito in tal senso gli effetti negativi documentati in ambito nueropsichiatrico prodotti dall’uso pervasivo – in particolare in età evolutiva – delle TIC, tra cui il minore sviluppo neuromotorio (specifica rilevanza assume, in tal senso, l’abbandono della scrittura corsiva sostituita da quella digitale), la riduzione dei tempi di attenzione e della capacità di concentrarsi, la perdita di empatia e di capacità di comprensione emotiva.
La/lo/gli scrivente/i, pertanto, rifiutando l’approccio metodologico previsto dal PTOF / Piano di miglioramento a.s. …………………, che in sostanza conduce a modellare obiettivi, strategie e pratiche (flipped classroom, ecc.) della didattica intorno ed in funzione dell’utilizzo sistematico e pressoché esclusivo delle TIC, esercitano sul punto l’opzione metodologica di gruppo minoritario prevista dall’art. 3 d.P.R. n. 275/1999 [come modificato dall’art. 1, comma 14, della l. n. 107/2015].
Lo/la/gli scrivente/i chiede/ono inoltre che, ai sensi della normativa di cui sopra, il presente documento diventi parte integrante del PTOF.
Luogo, data Firme
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MOZIONE/OPZIONE DI MINORANZA SU PROVE COMUNI PER CLASSI PARALLELE
Al/la Dirigente scolastico/a
Al Collegio docenti
Al Consiglio di Circolo o d’Istituto
OGGETTO: mozione/opzione di minoranza [art. 3 d.P.R. n. 275/1999] sulle prove comuni per classi parallele
Il/la/i sottoscritto/a/i ………………………………. , docente/i nell’Istituto …………………… di ………………….., in merito alle “prove comuni per classi parallele” previste dal PTOF / Piano di miglioramento a.s. …………………, come strumento per ……………………………. , non ritenendo le suddette prove comuni uno strumento valido/utile allo scopo/(…), dichiara/ano di avvalersi dell’opzione metodologica di gruppo minoritario come previsto dall’art. 3 d.P.R. n. 275/1999 [come modificato dall’art. 1, comma 14, della l. n. 107/2015] che afferma : “il piano è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi, determinati a livello nazionale a norma dell’articolo 8, e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizza le corrispondenti professionalità […]”.
Nello specifico si precisa che non si adotteranno prove di tipo standardizzato, poiché a mio/nostro avviso esse trascurano le caratteristiche peculiari del contesto di apprendimento e di ciascun/a alunno/a: l’azione didattica deve partire dalle conoscenze e dai bisogni dei/delle alunni/alunne, risulta pertanto forzato/(…) sottoporli/le a prove comuni.
Le verifiche, quindi, saranno calibrate per il gruppo classe e serviranno principalmente a valorizzare le capacità espressive ed operative autonome, rispettando le prerogative di unicità di ciascun individuo nell’uso dei linguaggi comuni acquisiti.
Lo/la/gli scrivente/i chiede/ono inoltre che, ai sensi della normativa di cui sopra, il presente documento diventi parte integrante del PTOF.
Luogo, data Firme
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MOZIONE/OPZIONE DI MINORANZA SULLA FORMAZIONE IN SERVIZIO
Al/la Dirigente scolastico/a
Al Collegio docenti
Al Consiglio di Circolo o d’Istituto
OGGETTO: mozione/opzione di minoranza [art. 3 d.P.R. n. 275/1999] sulla formazione in servizio
I sottoscritti docenti del ……………………………………. di ……………………
- considerato che nessun percorso di formazione può ritenersi efficace se non parte da un bisogno riconosciuto e condiviso dal soggetto interessato, e che, come riconosce l’art. 33 della Costituzione della Repubblica Italiana, la complessità del lavoro di insegnamento non consente una riduzione del pluralismo di giudizi quale risulterebbe dall’obbligo ad uniformarsi a scelte di una qualsivoglia maggioranza collegiale;
- considerato che le leggi n. 107/2015, n. 79/2022 e n. 142/2022 non definiscono alcun tetto di ore per l’obbligo di formazione;
- visto l’art. 2 del CCNI sulla Formazione 19.11.2019 che prevede: “Nelle scuole il personale esercita il diritto alla formazione in servizio anche nella forma dell’aggiornamento individuale, in coerenza col Piano di Formazione di Istituto.
Il Piano di formazione d’istituto può comprendere quindi anche iniziative di autoformazione, di formazione tra pari, di ricerca ed innovazione didattica, di ricerca-azione, di attività laboratoriali, di gruppi di approfondimento e miglioramento, precisando le caratteristiche delle attività e le modalità di attestazione”;
- vista l’ultima Nota MIM n. 50635 del 22.12.2022 – Formazione dei docenti in servizio, che afferma “Le singole istituzioni scolastiche, sulla base dei fondi assegnati direttamente dalle Scuole Polo, dovranno adottare un Piano di formazione d’Istituto in coerenza con gli obiettivi del PTOF e con i processi di ricerca didattica, educativa e di sviluppo, in sintonia con le priorità e le strategie delineate a livello nazionale; dovranno, altresì, essere considerate le esigenze individuali […] il Piano di formazione d’Istituto potrà comprendere anche iniziative di auto-formazione, di formazione tra pari, di ricerca ed innovazione didattica, di ricerca-azione, di attività laboratoriali, di gruppi di approfondimento e miglioramento”;
- visto l’art. 36 del nuovo CCNL 2023, che definisce la formazione un diritto/dovere, precisando al comma 8 che “Il personale docente ha diritto alla fruizione di cinque giorni nel corso dell’anno scolastico per la partecipazione a iniziative di formazione con l’esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi vigente nei diversi gradi scolastici. Con le medesime modalità, e nel medesimo limite di 5 giorni, hanno diritto a partecipare ad attività musicali ed artistiche, a titolo di formazione, gli insegnanti di strumento musicale e di materie artistiche”;
DICHIARA/NO
che, avvalendosi dell’opzione metodologica di gruppo minoritario ai sensi dell’art. 3 d.P.R. n. 275/1999 [come modificato dall’art. 1, comma 14, della l. n. 107/2015], adempiranno al previsto obbligo di formazione in autonomia, riservandosi di utilizzare la possibilità dell’autoaggiornamento o di partecipare ad attività formative organizzate da enti o associazioni riconosciuti dal Ministero, in alternativa a qualsiasi ipotesi di aggiornamento obbligatorio deliberato dal Collegio Docenti.
Lo/la/gli scrivente/i chiede/ono inoltre che, ai sensi della normativa di cui sopra, il presente documento diventi parte integrante del PTOF.
Luogo, data Firme
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MOZIONE/OPZIONE DI MINORANZA SULLA DIDATTICA PER COMPETENZE
Al/la Dirigente scolastico/a
Al Collegio docenti
Al Consiglio di Circolo o d’Istituto
OGGETTO: mozione/opzione di minoranza [art. 3 d.P.R. n. 275/1999] sulla didattica per competenze
Il/la/i sottoscritto/a/i ………………………………. , docente/i nell’Istituto …………………… di ………………….., in merito alla “didattica per competenze” promossa dal PTOF / Piano di miglioramento a.s. …………………, sulla scorta dell’esperienza diretta maturata nell’insegnamento nonché di sempre più autorevoli critiche presenti nella letteratura specialistica nazionale ed internazionale, ritiene/engono il concetto stesso di “competenza” indeterminato e privo di convalida epistemologica, arbitrari i criteri posti alla base degli strumenti di verifica impiegati per rilevarne i livelli, del tutto indimostrata l’efficacia dei protocolli di intervento proposti in relazione ai risultati cui sono indirizzati;
DICHIARA/NO
pertanto, di non condividerne né l’impianto teorico né il metodo e di avvalersi dell’opzione metodologica di gruppo minoritario prevista dall’art. 3 d.P.R. n. 275/1999 [come modificato dall’art. 1, comma 14, della l. n. 107/2015].
L’azione didattica che si intende adottare, incardinata sugli statuti delle discipline, mirerà invece a far acquisire agli allievi i relativi saperi, declinati in un patrimonio di conoscenze e abilità pertinenti ai contenuti proposti e svincolate dalla domanda di immediato utilizzo che connota la didattica cosiddetta “per competenze”.
Particolare attenzione sarà rivolta allo sviluppo delle capacità espressive e critiche, di analisi e sintesi dei contenuti stessi, di rilevamento e utilizzo pertinente dei nessi logici ed analogici tra concetti, nonché alla consapevolezza dello spessore storico e contestuale di questi, in vista del raggiungimento da parte dell’allievo di un’operatività e di un’autonomia di giudizio il più possibile ampie.
L’azione educativa sarà esercitata nel rispetto del principio dell’unitarietà del gruppo classe, al cui interno le differenze di condizioni e di attitudini tra allievi vengono considerate come opportunità di reciproco stimolo ed arricchimento.
Lo/la/gli scrivente/i chiede/ono inoltre che, ai sensi della normativa di cui sopra, il presente documento diventi parte integrante del PTOF.
Luogo, data Firme
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MOZIONE/OPZIONE DI MINORANZA SULL’USO CONSAPEVOLE DEL REGISTRO ELETTRONICO
Al/la Dirigente scolastico/a
Al Collegio docenti
Al Consiglio di Circolo o d’Istituto
OGGETTO: mozione/opzione di minoranza [art. 3 d.P.R. n. 275/1999] sull’uso consapevole del Registro Elettronico.
I sottoscritti docenti del ……………………………………. di ……………………
– considerato che il Registro Elettronico di classe non è obbligatorio in quanto l’art. 7 della legge 135 del 2012 che lo ha decretato necessitava di un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca mai predisposto;
-considerato che la sentenza della Cassazione penale n.47241 del 21 novembre 2019 ribadisce la mancanza del Piano di dematerializzazione;
-considerato che la stessa Sezione Lavoro del Tribunale di Catania in data 2 dicembre 2020 annullava la sanzione disciplinare inflitta da una Dirigente Scolastica ad alcune insegnanti che si erano rifiutate di utilizzare il R.E.;
-considerato che nella vicenda a Cagliari del maestro Andrea Scano, dopo reiterati provvedimenti disciplinari, è intervenuto il Garante della Privacy auspicando “l’adozione di adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati” in quanto gli Istituti che adottano il R.E. non possono adottare e prevedere “misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi degli interessati”;
– considerato che l’uso indiscriminato in tempo reale del R.E. come strumento di sorveglianza (nei rapporti scuola-famiglia) e di controllo (con l’uso dei voti e delle note disciplinari agli alunni) non è pedagogicamente educativo, come confermano molteplici studi e ricerche;
DICHIARA/NO
che, avvalendosi dell’opzione metodologica di gruppo minoritario ai sensi dell’art. 3 d.P.R. n. 275/1999 [come modificato dall’art. 1, comma 14, della l. n. 107/2015],
adempiranno
– al previsto obbligo di registrazione dei dati dei propri alunni e della valutazione, nei modi e con gli strumenti idonei ad un uso consapevole dei Registri (cartacei e digitali);
– al previsto obbligo dei rapporti con le famiglie nei modi e con i tempi più consoni alle esigenze dei propri alunni.
Lo/la/gli scrivente/i chiede/ono inoltre che, ai sensi della normativa di cui sopra, il presente documento diventi parte integrante del PTOF.
Luogo, data Firme
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OPZIONE DI MINORANZA RISPETTO ALLA RATIFICA DELLE NOMINE DI DOCENTI TUTOR / ORIENTATORI
Il decreto Ministeriale n. 63 e la circolare prot. 958 del 5 aprile 2023 hanno previsto l’individuazione e la formazione delle figure dei docenti tutor e orientatori interni, da attivare dall’a.s. 2023/2024, le cui nomine siamo oggi chiamati ad approvare.
Questo provvedimento è, come si legge nella normativa, legato ai fondi del PNRR.
Tali fondi, lungi dall’essere uno strumento per offrire una pubblica amministrazione più efficiente, una maggiore coesione territoriale, un mercato del lavoro più dinamico e senza discriminazioni di genere, un sistema di istruzione più inclusivo e innovativo, come affermano i promotori di Italia Domani (questo il nome del PNRR Italia), rappresentano una “gentile” costrizione a cedere definitivamente le ultime quote residue di sovranità nazionale il che, inevitabilmente, corrisponderà a una ulteriore riduzione della rappresentatività delle istituzioni democratiche, che saranno sempre più ridotte a mere ratificatrici di decisioni prese in sede sovranazionale, talvolta da organismi istituzionali riconosciuti e talvolta, come in questo specifico caso, dal WEF (World Economic Forum) che ricordiamo essere un potentissimo organismo privato (ente promotore anche della famosa e fumosa Agenda 2030). Si evince dunque in maniera abbastanza chiara che i fondi elargiti attraverso il PNRR, oltre a rappresentare debiti che peseranno sul futuro dei nostri figli – in considerazione del fatto che trattasi di prestiti e sovvenzioni e non certo di gentile cadeau – hanno anche l’evidente scopo di orientare le scelte politiche del governo di turno (senza distinzione di sorta tra governi di destra, centro o sinistra) nella direzione obbligata indicata dal combinato disposto WEF/Unione Europea (problema di estrema attualità di compressione degli strumenti democratici, definito dagli analisti “vincolo esterno”: un esempio di questo è la notizia resa pubblica, in anticipo, dal settimanale dell’Indipendente, Tabloid, dell’approvazione da parte del Parlamento Europeo del reindirizzamento di parte delle risorse del PNRR – nonché del Fondo di coesione sociale, ovvero pensioni e sanità pubblica – per la fabbricazione e spedizioni di armi).
In tale contesto, le figure del docente tutor e del docente orientatore, che il Ministero dell’Istruzione e del Merito spaccia come “un ulteriore strumento per contrastare la crisi educativa del Paese e dare avvio a un percorso virtuoso volto a favorire il superamento delle disuguaglianze esistenti di natura sociale e territoriale”, presentano in realtà i seguenti aspetti di criticità:
- le figure di tutor e orientatore rientrano all’interno di quel processo di presunta valorizzazione dei docenti che, così come istituito dalle ultime normative, mina l’unità del collegio docenti introducendo la logica della competitività tra docenti in un ambiente, la scuola appunto, che invece, in una società sempre più complessa, richiede forme di collaborazione e continuo confronto tra docenti. La scelta di svolgere queste funzioni, per ora volontaria, potrebbe essere inserita nel contratto e diventare obbligatoria, cosa che eliminerebbe qualunque possibile dissenso;
- le figure di tutor e orientatore, in nome di presunte competenze, interverranno nel lavoro dei colleghi minando la libertà di insegnamento e di valutazione e intervenendo nel rapporto con gli alunni assumendo parte dei compiti già previsti dalla funzione docente (orientamento, valutazione, personalizzazione dei percorsi, ecc.);
- le figure tutor e orientatore, in nome di presunte competenze, delegittimano il ruolo dei Consigli di classe che risulterebbero esautorati dal compito di valutare l’andamento scolastico dei ragazzi, modularne i percorsi, valutarne le esperienze extracurriculari, promuovere le opportune esperienze calibrate sul singolo e sulla classe, combattere l’insuccesso scolastico, favorire l’accesso alle opportunità formative, promuovere la continuità con altri cicli di istruzione, ecc.;
- le figure di tutor e orientatore mutano, inoltre, notevolmente il ruolo dell’insegnante, trasformando i docenti in certificatori di competenze, valorizzatori, consiglieri delle famiglie, compiti deresponsabilizzanti sia verso le famiglie stesse sia verso gli adolescenti, che appoggiandosi a queste figure per i loro indirizzi formativi saranno indotti a esercitare ancor meno di quanto già non facciano il senso critico e l’assunzione di responsabilità sulla propria vita; è anche da sottolineare che tale incarico non si sostituisce, ma si aggiunge al già penoso incarico del tutor PCTO;
- infine, quello del docente tutor e del docente orientatore sono incarichi sottopagati, come sempre nella scuola: calcolando il numero delle ore che saranno necessarie a svolgere questo compito, tali docenti saranno pagati meno delle attività funzionali, e per di più a lordo stato e non a lordo dipendente, fatto che svaluta ancora di più la nostra professionalità mostrando la considerazione che al Ministero hanno del nostro ruolo.
A causa di tali aspetti degenerativi, i sottoscritti docenti dichiarano di avvalersi dell’opzione metodologica di gruppo minoritario come previsto dall’art. 3 d.P.R. n. 275/1999 [come modificato dall’art. 1, comma 14, della l. n. 107/2015] che afferma, riguardo a qualunque attività afferente al PTOF: “il piano è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi, determinati a livello nazionale a norma dell’articolo 8, e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizza le corrispondenti professionalità […]”.
In particolare, i sottoscritti docenti dichiarano di non accettare alcun loro coinvolgimento nelle attività di tutoraggio e orientamento, né quello degli alunni relativi alle classi a loro assegnate.
Gli scriventi chiedono inoltre che, ai sensi della normativa di cui sopra, il presente documento diventi parte integrante del PTOF.
Luogo, data Firme


Lentamente la pratica ministeriale sta asfissiando la scuola e la trasmissione della cultura e del sapere
Dobbiamo smetterla di pensare che il nostro consenso a tutto ci lascia liberi. Dobbiamo imparare a dire “no”
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Nella contingenza sto vivendo una condizione di obbligo da parte della preside e della maggioranza del collegio sull’adozione nella scuola primaria, dello specifico metodo didattico “Senza zaino”. Il vademecum su mozioni/opzioni di minoranza mi torna utilissimo e conto di servirmene per rivendicare il diritto all’autonomia e alla libera scelta didattica di insegnamento. Nel vademecum non c’è una mozione specifica su questa tematica ma confido che venga elaborata al più presto. Grazie
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I dirigenti non dovrebbero interferire nelle scelte didattiche che sono di pertinenza degli insegnanti
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