Lezione frontale trasmissiva

Classe I xxx, indirizzo tecnico, tutti maschi. Metà settembre, si ricomincia

– Dicevamo, allora, che il telefono va consegnato all’inizio dell’ora, secondo voi perché?

– Perché non dobbiamo usarlo?

– Giusto, ma perché non dobbiamo usarlo?

– Perché ci distrae?

– Ecco, se stiamo qui a parlare tra noi, non potete pensare a rispondere ai messaggi. Oltretutto, significa fare male una cosa e l’altra: magari per la fretta di non farvi vedere mentre la mandate, date una risposta a qualcuno senza pensarci bene e poi ve ne pentite. Cristian, ti chiami così vero? Che stai facendo?

– Scrivo prof

– Ma non abbiamo appena detto che durante la lezione il telefono non si usa?

– Ma io ho delle cose da fare

– Beh, magari le fai alla fine della lezione. Per il momento hai da fare qui con noi, visto che ci stiamo conoscendo e che probabilmente passeremo cinque anni insieme

– Ma tanto a me la scuola non interessa

– A no? E allora come mai sei qui?

– Perché ci vengono i miei amici

– Ah, va bene, però mentre sei qui non ti conviene imparare qualcosa?

– Ma tanto a che serve?

– Non ho capito, se non serve imparare quello che non sai, cos’è che serve?

– Serve fare i soldi, prof

– E come si fanno i soldi secondo te?

– Beh, ci sono tanti modi per svoltare. Glielo dico io

– È vero, ci sono tanti modi poco ortodossi, diciamo così, per fare i soldi. Ma mi sembra che la maggior parte di quelli che vogliono svoltare, come dici tu, non fa una bella fine. Dopo tanti anni che insegno, ho visto soprattutto ragazzi che pensavano fosse facile guadagnare e poi non riescono nemmeno a trovare un lavoro. E da come va il corso della storia mi sembra che il mondo di domani, in cui vi troverete, rischia di essere ancora più difficile di quello di oggi. Io credo che sia meglio entrarci preparati, magari conoscendo bene l’italiano, la matematica, le lingue, o sapendo come funziona un computer. Uno è più forte, in un certo senso

– [Giovanni] Ma se non ci si capisce niente, a che serve? Io mi annoio e basta

– Forse non ci si capisce niente perché in certi argomenti, ad esempio quando si fa matematica, bisogna conoscere i passaggi precedenti, quindi è importante non rimanere indietro e chiedere che quello che non si è capito venga rispiegato. Altrimenti è come se ascoltaste uno che parla una lingua sconosciuta. Ci credo che vi annoiate, se non capite niente. Io mi annoierei dopo un minuto

– Guardi, prof, la matematica fa comunque schifo

– Secondo me è brutto quello che non si capisce. Se uno capisce, anche la matematica può dare soddisfazione e il piacere di sapere cose nuove

– Prof, ma sapere tante cose a che serve? Mica ci guadagni niente. Lei sa tante cose, no? Ma quanto guadagna?

– Be’, Giovanni, guadagno quello che mi serve per vivere. Perché poi lo scopo sarebbe quello, no? Essere autonomi, non dover chiedere niente a nessuno. E comunque ci sono professioni dove si può guadagnare molto di più, se uno è bravo nel suo campo, ma appunto bisogna studiare. Pensa agli ingegneri, agli architetti, ai medici famosi, agli stessi dirigenti d’azienda. Te lo immagini un ingegnere che non conosce la matematica? O un medico che non conosce il funzionamento del corpo umano? Però volevo farti notare anche un’altra cosa…

– Cosa?

– Che se l’unico scopo è fare i soldi, non fare i soldi per vivere ma vivere per fare i soldi, bisogna dedicarsi solo a quello, sacrificando tante cose, ad esempio togliere tempo e attenzione agli affetti, e anche rinunciare a un lavoro che magari ti piacerebbe di più ma in cui si guadagnerebbe meno. Siamo sicuri che ne valga la pena?

– Prof, e allora a che serve studiare?

– Be’, Cristian, ad esempio a capire meglio cosa c’è intorno a te, o a ragionare, come stiamo facendo ora. Può sempre tornare utile, no? Se non avessi studiato l’italiano alle elementari e alle medie ora ti sarebbe difficile stare qui a discutere, anche capire quello che dico. E sarebbe difficile anche fare un qualsiasi lavoro senza sapere niente

– Prof, io l’utilità non la vedo. L’italiano l’ho imparato alle elementari, come dice lei. E pure la matematica. Per me basta quello. Che sto a fare ancora qui? A sentirmi ripetere sempre le stesse cose? Meglio concentrarsi su cose che servono

– Cristian, se si ritorna su argomenti che già avete affrontato lo si fa in un altro modo, più adatto alla vostra età. Non è mai lo stesso argomento, perché si approfondisce man mano che si va avanti. Oggi possiamo fare riflessioni che alle elementari non era ancora il caso di fare. Ad esempio, vi siete mai chiesti cosa significa fare storia?

– Raccontare quello che è successo nel passato?

– Sì, ma cosa di quello che è successo nel passato?

– Le cose importanti?

– Già, ma come si decide se una cosa è importante o no? Manuel, dimmi

– È importante se qualcuno ha lasciato scritto qualcosa

– Be’, questo si può vedere anche al contrario, nel senso che si lascia testimonianza scritta di qualcosa perché la si ritiene importante. È vero che oggi gli storici pensano che per capire il passato bisogna raccontare anche quello che succedeva alla gente comune, e spesso si trovano casualmente documenti in cui si parla di persone di cui nessuno si ricordava. Comunque, in generale, qui a scuola parliamo molto di Giulio Cesare, o di Hitler. Perché, secondo voi?

– E di chi dovremmo parlare? Quelli sono i personaggi storici

– Già, ma vi faccio un esempio: io stamattina venendo a scuola sono inciampato e mi sono fatto male. Pensate che questo fatto finirà nei libri di storia del futuro? Non credo proprio, giusto? E considerate che ogni giorno, di minuto in minuto, di fatti come questo ne accadono parecchi miliardi, visto che sulla Terra dovremmo essere circa otto miliardi di persone. Perché solo pochissimi vengono ricordati nei libri di storia?

– Forse è importante quello che succede alle persone famose…

– Già, ma torniamo a quello che dicevamo prima. Che vuol dire persone famose? E chi decide se un fatto è importante, in base a quale criterio?

– Prof, forse è importante quello che ha avuto conseguenze sul futuro, anche su di noi. Per questo lo ricordiamo

– Mi sembra un’osservazione molto interessante, Manuel; visto che è finita l’ora la prossima volta ripartiamo da qui e capiamo bene cosa può significare. Intanto magari pensateci. Poi parleremo anche di cosa vuol dire storia, cosa consideriamo preistoria e perché a un certo punto si passa dall’una all’altra. Parleremo di cacciatori e raccoglitori…

– Sì, prof, però è meglio se la prossima volta mi lascia fare quello che devo fare col cellulare. Tanto gliel’ho detto, la scuola non mi interessa

– Cristian, guarda, io cercherò di insegnarti quello che posso e insisterò perché tu lo impari. Sarebbe una mancanza di rispetto nei vostri confronti farvi sprecare tempo, tenervi qui senza insegnarvi niente. Poi, è chiaro, non sono nella tua testa e non posso costringerti. Ti dico solo che perdere l’anno e la possibilità di andare avanti sarebbe un peccato. Certo, finché sei qui rispetterai le regole della classe, comprese quelle sull’uso del cellulare, che non servono a me ma sono indispensabili a tutti noi per lavorare bene. Su quello che fai fuori di qui non posso farci niente. Va be’, ti va di accompagnarmi in seconda, così mi dai una mano con questi libri?

– Ok, prof

2 pensieri riguardo “Lezione frontale trasmissiva

  1. Fantastico e toccante: questa per noi è la scuola che amiamo appassionatamente. In una classe 4.0 una discussione del genere non avrebbe mai avuto luogo. La settimana scorsa, alla lezione di “formazione” all’uso dell’ I PAD (dotazione acquisti pagati col fondo PNRR, così come le 12 ore di corso OBBLIGATORIO!), ci presentavano come una magnifica opportunità la funzione di controllo contemporaneo da remoto di tutti i dispositivi degli studenti, con la possibilità di disattivare semplicemente la postazione di qualcuno, se ci accorgiamo che si sta distraendo e sta navigando in Internet per conto suo. “Senza bisogno di andare dallo studente e mettersi a discutere, perdendo tempo in polemiche…”

    Alla faccia della funzione “educativa” dell’insegnante!

    Evviva la “lezione frontale”, finché ci saranno insegnanti che non si vergogneranno di utilizzarla ancora!

    Michela Simonetti

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