Il metodo “Rome wasn’t built in a day”

Dopo il “learning to become”, il “DADA”, la presunta “neurodidattica”, la personalizzazione con l’ “Intelligenza artificiale” o il superclassico della “flipped classroom” vorremmo lanciare una metodologia pedagogico-didattica ancora più innovativa, il Rome wasn’t built in a day, basata su alcuni principi-chiave. Eccoli.

Insegnare e imparare richiedono tempo: vale per la matematica, per l’abilità della scrittura, per una lingua straniera, per la capacità di leggere un testo, di comprendere il funzionamento di una cellula o le leggi della fisica, di interpretare un’opera d’arte o una poesia… A pensarci, tutte le “riforme” della scuola degli ultimi tre decenni hanno invece in comune la sottrazione del tempo-scuola, una sottrazione che prende diverse strade: il taglio netto di ore disciplinari o laboratoriali, lo spostamento dell’attenzione dai contenuti delle discipline alla burocrazia, lo spezzettamento di percorsi continuativi e coerenti in “progetti” decontestualizzati, le “educazioni” prive di un’adeguata base conoscitiva, il rilievo spropositato assegnato agli strumenti digitali o la creazione di classi di trenta studenti, che costringe gli insegnanti a dedicare meno tempo a ciascuno studente (un’ovvietà troppo banale per l’elevata mente di qualche buro-patagogista, che individua invece come causa sicura delle difficoltà della scuola la mancata applicazione delle sue idee).

Al posto del tempo, indispensabile all’elaborazione delle conoscenze e al consolidarsi della relazione educativa, si pubblicizzano soluzioni frettolose e astrattissime ricette, spesso chiamate con nomi da duty-free shop aeroportuale.

L’ideologia stessa delle “competenze” tende alla soppressione della temporalità del soggetto e allo schiacciamento della stratificazione delle conoscenze su un “saper fare” poco pensato e tutto al presente (cfr. https://nostrascuola.blog/2023/07/11/tempo-racconto-e-competenze/). Ma ciò che si ottiene in poco tempo si perde altrettanto velocemente, oppure non ha nessun valore.

Da qui la nostra originale proposta: tante conoscenze ricche e interessanti da scoprire, di cui appropriarsi progressivamente e con pazienza; il tempo che ci vuole per il dialogo educativo, per coltivare le relazioni, per pensare e riflettere insieme, per l’approfondimento di importanti contenuti culturali e l’acquisizione di abilità fondamentali. La scuola, insomma.

4 pensieri riguardo “Il metodo “Rome wasn’t built in a day”

  1. Mi chiedo ironicamente: quale sarà il contesto che rende possibile il quadro descritto in queste poche e mirevoli parole? Chi mai ci sarà al centro? L’uomo? Un futuro ancora da scrivere? L’estrazione di valore dalla realtà data? Per favorire chi? Chi ne pagherà il conto?

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  2. sono d’accordo con l’analisi illuminante di Malgioglio: aver stravolto e compresso la dimensione temporale dell’apprendimento ha conseguenze disastrose sulla formazione dei giovani. Ma la loro formazione educativa interessa a chi li vede solo in funzione aziendalistica?

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  3. Tutto ciò si sperimenta tristemente nei primi consigli di classe di inizio anno: una ridicola “fiera delle vanità” dove i colleghi sgomitano per segnalare i propri “progetti” e per accaparrarsi “uscite” fantasiose, o per rivendicare spazi nell’ambito dell’educazione civica, dell’orientamento o del PCTO. Spesso all’insegna del vuoto cognitivo.

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