Il senso semplice dei compiti a casa

A proposito delle polemiche sui compiti a casa e per le vacanze.

I compiti a casa sono il momento del consolidamento e della rielaborazione delle conoscenze, e dell’esercitazione funzionale all’acquisizione di alcune abilità fondamentali; un consolidamento, una rielaborazione e un’esercitazione che richiedono necessariamente tempi più lunghi di quelli che si possono vivere in classe, dove l’attenzione è incentrata sull’impostazione del lavoro, sulla spiegazione/comprensione dei contenuti disciplinari e sull’elaborazione comune della conoscenza all’interno del gruppo classe.

Chiunque insegni sa che sulle conoscenze e sulle abilità, perché vengano davvero acquisite, occorre tornare più volte, sia in classe sia con lo studio autonomo. È in questo contesto che assumono un senso i compiti a casa, che ovviamente devono essere assegnati con uno scopo, con misura, equilibrio e tatto pedagogico, in modo da richiedere agli studenti uno sforzo ragionevole, funzionale all’apprendimento.

I cosiddetti compiti sono e devono essere per gli studenti e non certo contro gli studenti – qualunque caso diverso è senz’altro criticabile: in feconda continuità con il tempo vissuto a scuola, devono contribuire a far crescere progressivamente persone abituate a muoversi tra conoscenze e contenuti culturali, obiettivo cui solo in tempi recentissimi qualcuno sembra voler attribuire connotazioni negative. Singolare, tra l’altro, che tra i maggiori spregiatori del lavoro a casa troviamo alcuni predicatori di un presunto “apprendimento autonomo”, che si traduce nell’idea che non si debba insegnare più nulla agli studenti e li si debba lasciare lì dove sono, in balia delle sollecitazioni che sappiamo.

Si potrebbe aggiungere qualcosa anche riguardo ai “compiti per le vacanze”, su cui a intervalli regolari riesplode la polemica, spesso montata ad arte (tra le più recenti, cfr https://www.repubblica.it/cronaca/2024/12/13/news/compiti_a_casa_record_consigli_natale-423884864/): oltre a non far perdere completamente il contatto con il lavoro scolastico e con le conoscenze acquisite, si può pensare che essi rappresentino un legame con il mondo della scuola – sia pure con la necessaria leggerezza e libertà – che non si interrompa del tutto con la sospensione delle lezioni. Anche qui, ciò che fa la differenza sono la misura e la sensatezza del lavoro che si chiede di fare: non può essere un lavoro che riempie tutto il tempo della vacanza ma deve rappresentare la possibilità di impiegare una parte del tempo in un’attività utile e addirittura piacevole, che porti con sé la soddisfazione di avere uno scopo e di riuscire a perseguirlo, anche per evitare il triste fenomeno del rapimento dell’intera giornata dei giovanissimi nella noia dell’iperconnessione e dell’insensatezza dello scrolling, cui la scuola anche sospesa dovrebbe offrire un’alternativa (utilissima ad esempio l’assegnazione della lettura di libri di cui si è discusso in classe: https://nostrascuola.blog/2020/09/25/libri-a-scuola-in-nove-punti/).

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