Diario

E anche oggi ti penso, Giovanni.

Ti penso mentre, entrando, vedo ragazzi affrettati e ridenti e incrocio la collega A.

La collega A è funzione strumentale e ogni volta che mi vede mi chiede se voglio farla io, la funzione strumentale, l’anno prossimo.

Rispondo che non voglio funzionare strumentalmente. È probabile mi occorra ancora funzionare, per un po’, ma strumentalmente non mi piace.

La collega A, funzione strumentale, mi dice che non sarò docente somministratore all’Invalsi. Di essere docente somministratore non potrei rifiutarmi, ma mi creerebbe inquietudini profonde. Se non amassi tanto il teatro immaginerei una nuova maschera … ma forse no, il docente somministratore è più da cinema, con genere da definire.

Cammino e continuo a pensarti, Giovanni.

Incontro la collega B col Documento del 15 maggio per le mani. Mi ricorda la scadenza. Ricordati che devi morire: morirò.

Mi ferma ancora per le abilità di Italiano e per quanto stabilito, a proposito del metodo, al punto 3 del punto 4 ovvero  comprendere il valore intrinseco della lettura come risposta a un autonomo interesse o come fonte di paragone con altro da sé.

E io penso a quando, al Liceo, parlavamo di parole vere e di come la Letteratura mi sembrasse un mare in cui immergermi per nuotare, raggiungere, forse anche affogare, perché la letteratura è vita e, come la vita, prevede il rischio.

 E penso che  noi dovremmo tornare alle parole e agli sguardi.

Nella fretta che il didattichese ci impone abbiamo smesso di guardarci, di trovare e soprattutto cercare le parole giuste.

La collega B mi chiede anche del programma, se sono a buon punto. Non lo so, non so più qual è il punto. Penso ancora alle parole e al programma che mi piacerebbe. Ecco, sulla parola dolore  io ci farei un anno e nel programma potrei scrivere solo: anno scolastico 2020-21-Il Dolore.

E le parole dovremmo imparare a respirarle, sentirle dentro di noi, viverle. E questo dovremmo offrire  soprattutto a chi cresce, il dono delle parole, che creano e strutturano il mondo.

E Giovanni, che non ci riusciva mai, quella volta la trovò la parola e disse Professoressa, è urgente. Non lo sapeva, ma stava dicendo che qualcosa bruciava e che bisognava trovare rimedio, subito. Ma oggi, all’Invalsi del V anno Giovanni non c’è, eppure io ci sono stata, per tutto quello che ho potuto, e penso scusami, Giovanni, forse non ho trovato la parola giusta. E mentre lo penso  rispondo alla collega B che sì, il punto tre del punto quattro va bene, va bene per la scuola artificiale che abbiamo creato, in cui le carte risultano perfette ma non siamo riusciti a trovare una parola giusta che salvasse Giovanni.

                                           Floriana Vernola

(Illustrazione di Miriam Piro)

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