Classe e poesia

Seconda liceo scienze applicate.

“Allora, domani cominciamo a leggere qualche poesia ma intanto diciamo due cose. Cos’è la poesia, secondo voi, cosa la distingue da altri tipi di testo?”

“Le rime, prof?”

“Cosa intendi per rima?”

“Quando due parole sono uguali alla fine”

“Ma alla fine da dove?”

“Le ultime lettere”

“Ma quante lettere? Ad esempio ‘vita’ e ‘venuta’ sono in rima?”

“Sì prof, le ultime due lettere devono essere uguali”

“Invece dipende da dove cade l’accento tonico [segue spiegazione su parole piane, sdruccole e tronche]. Due parole sono in rima se sono uguali dalla sillaba su cui cade l’accento principale in poi; questo è il motivo per cui le parole tronche, con l’accento sull’ultima vocale, sono le più facili da far rimare tra loro, basta che sia uguale l’ultima vocale. Farò, però, andò…”

“Ma la rima c’è sempre nelle poesie?”

“No, ci sono anche poesie senza rime, o quasi. Diciamo che in poesia spesso sono importanti il ritmo, la musicalità, i suoni. La rima è un suono che ritorna, ma non è l’unico caso di uso particolare dei suoni, poi lo vedremo [oltre che dell’allitterazione, la prossima volta diremo qualcosa dell’assonanza, usata quasi sempre, nelle canzoni rap e derivati, al posto della rima]. La poesia non è accompagnata dalla musica, lo era in epoche lontane da noi, quindi la musicalità quasi sempre ce l’ha in sé…”

“Come l’onomatopea?” [in certi momenti si comincia a tirare fuori un po’ a caso quello che si ricorda]

“Simone, sì, anche l’onomatopea fa parte del lavoro sui suoni. Poi parleremo anche del ritmo e del perché in poesia si va a capo prima che la pagina sia finita [come diceva Montale, con il suo tipico understatement]. Ma c’è altro che caratterizza la poesia, secondo voi?”

“?”

“Voglio dire, spesso la poesia ci colpisce. Come mai, cosa utilizza per farlo?”

“Le figure retoriche?”

“Ad esempio, Edoardo?”

“Le metafore? Gli ossimori? [ancora un po’ a caso]”

“E cos’è una metafora?”

“È quando dici una cosa con un’altra cosa… Quando togli il ‘come’ “

“Guardate, la definizione di metafora è difficile, non tutti sono d’accordo su cosa sia. Tanto ci lavoreremo, intanto possiamo dire che si tratta di un accostamento di parole che nel linguaggio comune e nella realtà non potrebbero stare insieme. Se dico ‘il cielo piange’, questo non può essere vero a livello letterale, nella realtà il cielo non piange, semmai butta giù acqua; ma anche questa a ben vedere è una figura retorica, una personificazione. Se volessimo attenerci a ciò che è vero letteralmente, dovremmo dire che l’acqua cade dal cielo. Invece se dico che il cielo piange…”

“…significa che c’è tristezza. Forse è uno è triste perché piove… Oppure è triste per altri motivi”

“Brava Isabella, è vero. Infatti nella metafora c’è sempre qualcosa in più rispetto a quello che c’è in una semplice informazione [torneremo poi sulla differenza tra uso denotativo e connotativo del linguaggio, di cui abbiamo già parlato l’anno scorso]. Ad esempio, di una persona che ha gli occhi azzurri posso, con una metafora, dire che ha gli occhi ‘di ghiaccio’. Ma qui forse lascio intendere qualcosa di più rispetto alla chiarezza degli occhi, no? Che vi fa venire in mente ‘occhi di ghiaccio’?”

“Forse freddi… Cattivi?”

“Sì, certo… poi sulla metafora bisogna riflettere, il significato dipende anche dal contesto. Comunque, se non vogliamo parlare in maniera tecnica di figure retoriche, possiamo dire che la poesia ci fa vedere cosa?”

“Delle cose, degli oggetti?… Delle immagini?”

“Io direi soprattutto delle immagini. E qui si apre una questione importante. L’immagine che ci viene suggerita dalle parole è la stessa per tutti?”

“?”

“Voglio dire: se io qui pronuncio la parola ‘cane’, voi nella vostra mente vedete tutti lo stesso cane? Immaginate tutti lo stesso cane, fatto allo stesso modo?”

“Be’, no, non proprio lo stesso”

“Pensate a come se lo immaginerà chi ama i cani e chi invece ne ha paura. La parola è la stessa, la ‘cosa’ è diversissima Praticamente un altro animale. O no?”

“Sì prof. Possono essere anche razze diverse”

“Bravissima, sì. Eppure… Eppure se dalla parola cane io e Benedetta capissimo due cose completamente diverse, non ci sarebbe nessuna possibilità di comunicare, saremmo come due persone che parlano due lingue diverse. Invece in qualche modo ci capiamo: significa che nelle cose che vediamo quando sentiamo certe parole qualcosa in comune c’è, anche se con tante differenze. Qualcuno per caso ha capito dove voglio arrivare?”

“?”

“Diciamola così, allora. Di solito si scrivono poesie per esprimere cosa?”

“Delle emozioni?”

“Direi di sì, Aurora. E per esprimerle basta dirle? Che ne so: ‘Oggi sono felice’, oppure ‘Oggi sono innamorato’? Queste frasi sono delle poesie? Chi legge queste parole prova le stesse emozioni di chi le ha scritte?”

“No, non credo”

“Infatti più che dirle, la poesia le emozioni le fa sentire. E qui torniamo al problema di prima: come fa?”

“Attraverso le immagini? I suoni?”

“Sì, benissimo. Ma che abbiamo detto delle immagini? Se io dico una parola tutti immaginano la stessa cosa?”

“No, ognuno la immagina a modo suo”

“Ecco. Se per esempio se Cristan è innamorato e scrive qualcosa di emozionante sulla ragazza di cui è innamorato, quell’emozione è tutta sua, giusto? Voglio dire, se Cristian è un poeta, chi legge le sue parole e rimane colpito dalle immagini che usa non pensa alla ragazza di Cristian, pensa alla ragazza o al ragazzo di cui a sua volta è innamorato, o innamorata”.

“Prof, e se è innamorato della stessa ragazza di Cristian?”

“Be’, speriamo di no. E comunque le sue emozioni sarebbero diverse, no?”

“Sì, specie se Cristian lo prende”

“Va be’, ognuno si innamora di chi gli pare… Comunque questa è la particolarità della poesia. Il poeta riesce a mettere quello che prova nelle parole, nelle immagini e noi, anche se quelle immagini le vediamo e le sentiamo in maniera diversa, ci emozionano e proviamo anche noi delle emozioni, le nostre. La prossima volta leggeremo una poesia di un tale che dice, più o meno, che la donna di cui si è innamorato è entrata con un passo di danza nella sua vita, come fa una raffica di vento che entra all’improvviso in una stanza chiusa… Perché a passo di danza? E perché la stanza prima che arrivasse lei era chusa?”

“Passo di danza vuole dire che è felice, ma anche che è tranquilla… La stanza era chiusa perché lui stava sempre da solo?”

…Continua. Ma si può dire subito che quando si fanno questi discorsi, quando si parla con loro, gli studenti drizzano le orecchie come non mai. E, giuro, questo accade senza alcun bisogno di “ambienti di apprendimento innovativi”, gamification, intelligenza artificiale.



3 pensieri riguardo “Classe e poesia

  1. Commuovente fino alle lacrime. È questa la magia dell’insegnamento : questo prendere per mano e camminare insieme sulla strada di una conoscenza che ci arricchisce tutti come persone. In uno scambio pieno di sorprese. Altro che “lezione frontale”! E i ragazzi sono più attivi qui, o quando stanno davanti ad uno schermo a scaricare contenuti che non capiscono e non li coinvolgono mai personalmente?

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  2. Tutto ciò attesta quanto sia inutile inserire “l’educazione emotiva” a scuola come molti opinionisti ( Gruber, Cortellesi etc) ritengono, non conoscendo affatto quanti sentimenti si vivono in classe ogni volta che si legge non so … il Simposio di Platone, o la teoria dell’amore in Botticelli, o il dolore umano in Munch, o l’addio ai monti di Lucia … e Ovidio e Catullo e i tragici greci ed altro altro altro ancora …

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