La certificazione del nulla

[Scritto in epoca pre-covid: oggi, oltre alle sacrosante misure precauzionali, si sono aggiunti PIA, PAI, DAD, DDI, percorsi (naturalmente) interdisciplinari di educazione civica e tanto altro. E pensare che noi illusi immaginavamo che per rispondere all’emergenza si sarebbe tagliata la burocrazia e si sarebbe chiesto agli insegnanti di badare alla sostanza, di stare con gli studenti e insegnare loro quanto più possibile, senza preoccuparsi di altro…]
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“All’illusione botanica [per cui uno studente è una ‘vite storta’ da raddrizzare] si è sostituita quella tecnologico-cognitivista: morte dei libri, informatizzazione degli strumenti didattici, esaltazione delle metodologie dell’apprendimento, accanimento valutativo, burocratizzazione fatale della funzione dell’insegnante che deve sempre più rispondere alle esigenze dell’istituzione e non a quella degli allievi, declino dell’ora di lezione” (Massimo Recalcati, L’ora di lezione, Torino, Einaudi, 2014, p.89).

Infatti… A questo proposito riceviamo e volentieri pubblichiamo alcune considerazioni a caldo del collega Lemuel G.:

“L’altro giorno ho fatto una bellissima lezione, nel senso che ho detto cose importanti per i miei studenti e loro le hanno recepite in pieno. Bene, avrei dovuto essere felicissimo e soddisfatto di aver fatto quello che è il mio lavoro; infatti sono uscito dalla classe e…ho pensato che non avevo ancora consegnato i PDP, che devo ancora concordare un BES con i colleghi, che tra un paio di settimane cominciano gli scrutini. Ho fatto il conteggio delle assenze? Sono a posto con i voti? E ho consegnato il foglio firme dei colloqui con i genitori? E poi: ho preso i fogli da distribuire in classe? Li ho distribuiti? Li ho ritirati? Ho controllato che tutti gli studenti abbiano portato i moduli per l’iscrizione e abbiano pagato il bollettino? Ho scritto il verbale dell’ultimo consiglio di classe? Avrò scritto bene le programmazioni, che vabbè che c’è l’autonomia dell’insegnamento, ma vanno fatte obbligatoriamente per U.D., poi per U.A., e soprattutto per ‘competenze’? E come sta messa la classe che coordino con l’ ‘Alternanza scuola- lavoro’? Insomma, uscito dall’aula avrei dovuto essere felice e basta, invece ecco subito quella sensazione penosa che ci accompagna tutti i giorni da una decina di anni a questa parte, di aver lasciato qualcosa indietro, di non essere a posto con le carte, che manchi qualcosa… Tanto, con la proliferazione burocratica, qualcosa manca sempre; questa continua, inutile, formale e snervante certificazione del nulla sembra fatta apposta per farci sentire sempre non a posto, sempre manchevoli, sempre in difetto, anche quando riusciamo ad aiutare le persone che ci sono affidate a crescere, a pensare, a conoscere, a cambiare la loro vita. Così, una ‘riforma’ della scuola dopo l’altra, attuata da chi della scuola non sa niente e dalla scuola non si aspetta nulla, ci costringono a dimenticare sempre più chi siamo e qual è il senso del nostro lavoro, ci spingono a preferire la compilazione di carte che nessuno leggerà mai alle nostre parole più preziose, al rapporto umano con gli studenti, a quello che davvero possiamo insegnare loro… E allora, se il nostro ERA il lavoro più bello del mondo, è arrivata l’ora che cominciamo a dire no, a individuare facce e responsabilità di chi vuole distruggere il senso stesso di quello che facciamo, di mandare a quel paese chi vuole trasformarci in burocrati spenti, senz’anima, senza più niente da dire e da trasmettere”.

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