
Com’era prevedibile, il Manifesto per la nuova Scuola, con la diffusione e i consensi che ha ottenuto, ha suscitato le più disparate reazioni in diversi ambienti; una di queste si è concretizzata nella stesura di un “contromanifesto” (“Per una nuova Scuola che guarda al futuro”), sui cui contenuti, le cui intenzioni, la cui fondatezza ognuno potrà farsi un’idea da sé: basta mettere a confronto i due documenti.
Il punto non è questo: finché si rimane sul terreno del confronto delle idee va tutto bene; e niente vieta di riflettere sulle obiezioni del contromanifesto. Il problema nasce invece quando si mettono in atto strategie di mistificazione il cui scopo è proprio quello di evitare che il confronto si svolga sul piano delle idee, per screditare preventivamente l’interlocutore presentandolo per ciò che non è.
Dunque, qualcuno ha passato all’Ansa (che evidentemente non ne è responsabile) un comunicato che è diventato una notizia così intitolata: “Scuola: documento pedagogisti contro manifesto intellettuali”. Prima “imprecisione”, che verrà ribadita più volte: in realtà il nostro manifesto è stato scritto da un gruppo di insegnanti, coadiuvati nei loro incontri da esperti dell’età evolutiva; successivamente è stato sottoscritto da alcuni dei più prestigiosi intellettuali italiani (a proposito, qualcuno ha anche insinuato – non si sa su che base – che questi intellettuali avrebbero sottoscritto il documento senza leggerlo o capirlo. Chi scrive può assicurare che molti dei firmatari hanno invece spiegato molto bene il senso della loro adesione).
Perché titolare così? Il sospetto, vista l’insistenza su questo equivoco, è che si voglia far passare questo messaggio: “Gli intellettuali, nella loro astrattezza, parlano di scuola senza conoscerla davvero; i veri esperti, i pedagogisti, invece…”. Paradossalmente, è proprio l’accusa che molti insegnanti rivolgono ad alcuni pedagogisti (non a tutti, beninteso): quella di parlare in teoria di una realtà, quella scolastica, che non vivono davvero nei suoi elementi fondamentali, primo fra tutti il rapporto concreto con i ragazzini in carne e ossa, poi la forza vitale dei contenuti culturali, gli unici in grado di suscitare la curiosità delle persone in crescita. In ogni caso, il titolo corretto sarebbe stato “Un gruppo di insegnanti appartenenti al movimento La nostra scuola ha redatto un documento sottoscritto da importantissimi intellettuali italiani; alcuni pedagogisti [tra l’altro gravitanti attorno alla stessa ristrettissima area, molto caratterizzata ideologicamente] invece…”. Tutt’altra cosa, diciamo. Volendo poi sottilizzare, non si capisce – o meglio, si capisce benissimo – come mai vengano messi sempre in evidenza i nomi di alcuni firmatari e non vengano mai citati, ad esempio, Luciano Canfora, Salvatore Settis, Carlo Ginzburg.
Seconda “imprecisione” (e qui si fa molta fatica a non parlare di mistificazione, sempre da parte della fonte della “notizia”): “Secondo l’associazione Gessetti colorati, il Manifesto degli intellettuali [di nuovo, corsivo mio] propone una versione nostalgica e ‘gentiliana’ della scuola, richiamandosi a quando ‘gli studenti studiavano davvero’ e ‘gli insegnanti facevano belle lezioni seduti alla cattedra’ “. Ora, nel Manifesto per la nuova Scuola ovviamente non c’è alcun riferimento a Gentile, agli studenti che studiavano davvero o alla “cattedra”. La nostra idea della scuola, in realtà, è incentrata su poche idee fondamentali: la scuola democratica deve alfabetizzare, istruire, educare, aiutare a crescere tutti i futuri cittadini; per farlo, deve proporre contenuti culturali significativi e appassionanti che vengano continuamente rielaborati e attualizzati attraverso la relazione tra insegnanti e studenti; gli strumenti e le metodologie che si utilizzano per far apprendere non possono essere standardizzati, a sé stanti, burocratizzati, ma devono essere adeguati e adattati di volta in volta agli studenti e alla classe, ai contenuti culturali che si vogliono proporre, alle finalità culturali ed educative che si hanno in mente. Inoltre, tutto il tempo della scuola deve essere dedicato all’insegnamento e all’apprendimento, senza derive burocratiche, sprechi di tempo e totalitarismi metodologici che irrigidiscono e inaridiscono il rapporto educativo (oggi invece, proprio mentre si parla ipocritamente della centralità dello studente, assistiamo a un’orribile idolatria astratta, aziendalistica, letteralmente de-mente, dei mezzi, degli strumenti e delle metodologie ). Infine, poiché nella scuola apprendimento e relazione sono inscindibili, gli insegnanti devono poter avere un confronto costante con esperti dell’età evolutiva, per sciogliere eventuali nodi relazionali e poter aiutare meglio i propri studenti a crescere. Ora, vorrei chiedere a “Gessetti colorati” o a chi ha scritto il comunicato per l’Ansa: dov’è che Gentile parlava di queste cose? Dov’è che nel manifesto si parla di “studenti che “studiavano davvero” o di “cattedra”?
Il peggio però deve ancora venire.
C’è una frase, non ripresa dall’Ansa ma presente in un articolo su una pagina di Flc-CGIL (“Esami di Stato 2021: un appuntamento per chiedersi cosa significa valutare”), che rilancia il “contromanifesto”. Vale la pena di leggerla per intero, perché è un concentrato di interpretazioni (chiamiamole così) che non hanno alcuna attinenza con la realtà: “Alcuni commentatori [sic], raccolti [sic] attorno al Manifesto per la scuola, tra cui Massimo Recalcati, Alessandro Barbero e Gustavo Zagrebelsky, hanno rispolverato [sic] UNA VISIONE COMPETITIVA E MERITOCRATICA DELLA SCUOLA IN CUI LA SELEZIONE DEI MIGLIORI È OPERAZIONE STRATEGICA” [maiuscolo e grassetto miei]. Ora, chiunque abbia letto il Manifesto per la nuova Scuola, con la sua preoccupazione quasi disperata per il futuro di nuove generazioni a cui, insieme a una scuola che istruisca ed educhi, si sta sottraendo il diritto democratico dell’alfabetizzazione, alla conoscenza, alla crescita umana integrale, allo sviluppo del senso critico, in nome della burocrazia, delle chiacchiere vuote dell’ “autonomia” e dell’aziendalismo, questa frase può sembrare surreale e ridicola; invece rappresenta un pericoloso tentativo di rovesciamento della verità, tra l’altro piuttosto paradossale, visto che in nome di una presunta “innovazione didattica” proprio certe realtà sembrano voler appoggiare lo smantellamento di una scuola pubblica che rappresenta l’ultimo argine rispetto a un’idea oligarchica e integralmente economicistica della società; lo smantellamento della scuola del sapere e della conoscenza in nome delle “competenze non cognitive”, un’insensatezza che non tiene conto dell’inseparabilità delle dimensioni cognitiva e affettiva, tanto più nelle persone in crescita, e condanna gli studenti a una scuola del Nulla.
Ultima notazione: in una pagina di “Gessetti colorati” vengono riportati alcuni commenti all’ “antimanifesto”; uno di questi commenti è davvero incredibile, sembra l’abbia scritto una dirigente scolastica. Vale la pena di leggerne una parte consistente:
Giovani e giovanissimi, abbandonate la speranza di una scuola nuova per davvero.
Di una scuola che vi accolga e vi doni ogni giorno il piacere di scoprire e imparare.
Lasciate da parte il sogno di prepararvi bene per un futuro già presente, che vi chiede di dominare strumenti complessi e tecnologicamente impegnativi, ma sfidanti; di avere competenze di lavoro in team [team? A undici anni? A quindici?], soluzione di problemi[! Brutta traduzione di un brutto inglese], capacità di dibattere e di presentare idee convincenti [a chi?], di progettare [auto-imprenditorialità?]. Di essere creativi.
Non considerate più di costruire la vostra formazione su talenti individuali, tutti diversi e tutti preziosissimi. Alcuni anche molto originali.
Rassegnatevi ad essere giudicati fino all’età matura con un voto, a volte con un marchio irreversibile. Ad essere bocciati, perchè non corrispondete allo “standard” del bravo studente.
Arriva il “Manifesto della nuova scuola” a fermare il vostro sogno di una formazione contemporanea [!] e adatta al tempo che viviamo.
Noi qui preferiamo non commentare (certo è che il “rassegnatevi ad essere giudicati fino all’età matura con un voto, a volte con un marchio irreversibile. Ad essere bocciati…” è esilarante, vista la mancanza di ogni attinenza con ciò di cui parla il Manifesto, che mette al centro la parola, l’ascolto, la relazione tra studenti e insegnanti); invitiamo a leggere molto attentamente questa mozione degli affetti che in realtà non fa che riproporre meccanicamente e in formulette (“lavoro in team”, “soluzione di problemi”) i più stantii e vuoti luoghi comuni del didattichese e dell’aziendalismo (e il vuoto di sostanza è proprio la peste che denunciamo, quella che si sta mangiando la nostra scuola), poi di rileggere attentamente il nostro manifesto. Tralasciamo l’approssimazione concettuale e linguistica, che ha punte di involontaria comicità (sarebbe interessante chiedere all’autrice cosa significa “formazione contemporanea”: contemporanea a cosa?).
E diciamo a tutti, più in generale: attenzione, perché porsi con superficialità rispetto alle problematiche dell’educazione e della crescita – dichiarando per di più di voler fare il bene delle nuove generazioni – è grave, disorienta tutti e rischia di produrre disastri difficilmente immaginabili.
Ecco qui il link al nostro manifesto
https://nostrascuola186054220.wordpress.com/2021/03/20/manifesto-per-la-nuova-scuola/
E quello al documento “Per una nuova Scuola che guarda al futuro”
Per una nuova scuola che guarda al futuro. Un documento da sottoscrivere
Da mettersi le mani nei capelli. Gli insegnati del Manifesto conoscono la propria parte e la controparte. La controparte non conosce la propria parte e perciò ignora quella del Manifesto. Basta fare una prova parlandoci assieme: il dialogo è impossibile perché parlano a slogan. Importante sarebbe fare opera di conoscenza in questi corifei della scuola epocale (ben diversa dalla nuova scuola).
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Proprio così, Davide, la Scuola e la cultura sono come il coraggio di Don Abbondio: se uno non ne ha dentro il senso, nessuno può darglielo
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