Risposta dell’Associazione Agorà 33 – La nostra Scuola, al documento “La scuola che vogliamo” dell’ANP

A cura di Enrico Campanelli

ANP:
Il lavoratore prima della persona: la scuola schiava dell’utile

• “…riformare gli ordinamenti […] che non [sono] più in grado di rappresentare i bisogni […] dello sviluppo economico […] del Paese”;
• “…la scuola non è più chiamata a svolgere programmi, ma a costruire curricoli […]. Una scuola che smette di […] valorizzare prevalentemente il pensiero astratto e simbolico, [di] insegnare conoscenze generali”;
• “…conoscenze e abilità sono dunque strumentali alle competenze”;
• “È ormai l’ora, infatti, di passare definitivamente alla certificazione delle competenze”;
• “Fino all’emanazione del regolamento dell’autonomia, il lavoro dei docenti […] era tarato […] sull’acquisizione […] di conoscenze e di abilità: le competenze […] non erano viste come un compito della scuola. Con l’autonomia, invece, la scuola viene chiamata a […] certificare ciò che hanno appreso.”.

L’aridità di una istruzione-educazione informata alle effimere e riduttive richieste del mercato del lavoro. La povertà di una vita interiore mai esplorata nelle sue potenzialità. Una scuola sempre più orientata a identificare l’istruzione con le competenze lavorative, che guarda sempre di più alle competenze non cognitive, utili a un mercato del lavoro spregiudicato, e sempre meno alla formazione culturale degli alunni, nemica dello sfruttamento.
Un’artificiosa e rigida suddivisione del sapere in conoscenze, abilità e competenze, usata per ricostruire una versione caricaturale della scuola pre-autonomia (in cui gli alunni sapevano tutto ma non sapevano fare niente), per poterla attaccare con l’obiettivo di sostituire la crescita culturale degli alunni con lo sviluppo di competenze disgregate orientate esclusivamente a una dimensione lavorativa di basso profilo professionale.

AGORÀ 33:
La persona prima del lavoratore: la scuola madre del possibile
Una scuola che offre ampi orizzonti culturali da esplorare perché ciascuno possa scoprire se stesso e le proprie passioni senza l’ossessione di una finalizzazione immediata dei saperi. Conoscenze che vengono date agli studenti, di cui possono fare un uso libero e imprevedibile, con importanti possibilità di soggettivazione e rielaborazione personale, al contrario delle “competenze” che invece rappresentano un punto di arrivo predeterminato, più simile all’addestramento che all’istruzione o all’educazione1. Una scuola che dà gli strumenti mentali per realizzare la propria identità di persona prima che di lavoratore. Una scuola che restituisce ai docenti ed agli alunni tutto il tempo necessario da dedicare all’approfondimento disciplinare e alla relazione educativa. La scuola è il momento dello studio, non del lavoro.

ANP:
La scuola dei mezzi e dell’addestramento

• “…è necessario […] impostare metodi didattici non trasmissivi, flessibili e partecipati”;
• “…[una scuola] che ribalti le tradizionali modalità di approccio ai saperi investendo su impianti laboratoriali”;
• “…i cambiamenti degli orientamenti educativi […] generati dalla pervasività […] della tecnologia, […] dalle reti telematiche, impongono anche al nostro sistema di adeguare tendenze e indicazioni”;
• “…formazione [iniziale dei docenti] dedicata esclusivamente all’insegnamento”;
• “…[nel] curricolo inteso come […] unità di apprendimento autoconsistenti, […] le discipline sono strumenti, l’apprendimento procede per associazioni e i percorsi sono di natura partecipata e flessibile. Si valorizzano l’autonomia progettuale, […] la costruzione negoziata del significato, […] l’alternanza dei ruoli.”;
• “…sostenere l’autovalutazione come metodo prioritario per lo sviluppo cognitivo e relazionale degli alunni”;
• “…abrogare finalmente il valore legale del titolo di studio, residuo ormai anacronistico del sistema che non corrisponde più ai bisogni della società”;
• “…si tratta di valutare, in positivo, “ciò che si è acquisito” e non, in negativo, “ciò che non si è appreso” “.

Pur citando l’importanza della cultura, si torna immediatamente a parlare in maniera piuttosto compulsiva di innovazione, di “metodi innovativi”, di “nuovi bisogni formativi” e dell’ormai onnipresente “didattica laboratoriale”, assumendo acriticamente il “nuovo” come un valore assoluto. La formazione disciplinare del docente passa in secondo piano ed egli è ridotto al ruolo di addestratore da laboratorio. La complessità delle discipline, con tutto il loro valore storico, epistemologico e formativo, viene oscurata e il sapere viene frantumato in brandelli a cui si riconosce il solo valore di un utilizzo pratico immediato, perfetta sintesi, questa, del paradigma aziendalista. A una scuola che non insegna più nulla di culturalmente significativo, che non ha quindi più nulla di culturalmente significativo da valutare, non resta che profilare gli alunni per il mercato del lavoro, per cui l’autovalutazione, l’abolizione del voto numerico e del valore legale del titolo di studio diventano obiettivi prioritari fatti passare però, per mezzi di realizzazione della “scuola democratica”.

AGORÀ 33:
La scuola dei fini e della cultura
L’ingombranza burocratica di certe metodologie, la loro invasività del già scarsissimo tempo scuola, l’ossessione del “fare” e il sovraccarico cognitivo2 di un uso acritico delle tecnologie impediscono il perseguimento dei veri fini della scuola, cioè le conoscenze, l’approfondimento, la rielaborazione, la critica, mediati dalla relazione docente-discente.
Tutte le rilevazioni statistiche hanno evidenziato che la DaD ha prodotto risultati disastrosi in termini di apprendimento, dimostrando che la tecnologia in sé non può sostituire la relazione umana.
La scuola deve salvaguardare la continuazione del patrimonio culturale dell’umanità, che è risorsa preziosa per la crescita culturale di tutti i cittadini e non mero strumento di produzione o lavoro per pochi specialisti. La tanto criticata valutazione numerica, considerata ridicolmente come esercizio sadico di potere da parte del docente, ha invece un valore formativo molto maggiore della profilazione statica delle competenze e dei percorsi iperpersonalizzati, poiché offre una prospettiva di crescita libera da qualsiasi predeterminazione3.

ANP:
Gli alibi

• “…si tratta di […] rivedere i curricoli e i metodi e di tenere conto della contemporaneità e dei nuovi bisogni dell’umanità in termini di cooperazione, solidarietà, transizione ecologica ed economia circolare, inclusività, come ci ricordano […] l’Agenda Globale 2030 delle Nazioni Unite […]”;
• “I disastrosi eventi climatici, […] gli incendi e la siccità, ci impongono di impegnarci a formare, attraverso e “oltre” le discipline, nuove generazioni che possano “cambiare il passo” dello sviluppo tecnologico e salvaguardare le risorse del pianeta attraverso una gestione corretta del territorio”;
• “Ma per fare questo è necessario mettere in evidenza la trasversalità dei temi da sviluppare e impostare metodi didattici non trasmissivi, flessibili e partecipati”;
• “I due anni di pandemia […] ci hanno reso consapevoli […] che il sistema scolastico che conoscevamo non può più esistere come se nulla fosse accaduto”.

Le crisi climatica, ambientale e pandemica, l’Agenda Globale 2030 prese a pretesto per modificare i contenuti e i metodi didattici, senza alcuna connessione logica tra il problema e la soluzione. L’interdisciplinarità presa a pretesto per scagliarsi contro la trasmissione delle conoscenze e contro un presunto insegnamento non partecipato da parte degli alunni.

AGORÀ 33:
La realtà

Cosa c’entri l’abolizione delle discipline e la loro polverizzazione in “competenze” con la salvaguardia dell’ambiente, è un mistero. Sono proprio la distruzione della cultura e della conoscenza – precondizioni indispensabili per lo sviluppo del senso critico di fronte all’esistente – e la trasformazione delle nuove generazioni in consumatori inconsapevoli, così come l’opera degli ambienti confindustriali, che hanno favorito l’atteggiamento predatorio e l’indifferenza nei confronti degli ambienti naturali. Il vero obiettivo sembra quello di spazzare via la scuola dove si insegna e si impara e scardinare il sistema delle discipline, senza il quale la “trasversalità dei temi” fluttua nel vuoto e conduce all’ignoranza, se non addirittura a un nuovo analfabetismo.

ANP:
La scuola dei dirigenti e della disuguaglianza

• “riorganizzare la governance delle scuole, pensata in un’epoca ormai lontanissima e mai aggiornata alle necessità di efficienza del sistema; le competenze degli organi collegiali, disegnate agli inizi degli anni ‘70 dello scorso secolo e riproposte nel Testo Unico negli anni ‘90, non sono più in grado di garantire una gestione conforme alle riforme della pubblica amministrazione attuate con le norme successive”;
• “ripensare al sistema di reclutamento del personale dando alle scuole la possibilità di intervenire tempestivamente e con efficacia secondo il bisogno e secondo i propri progetti educativi”;
• ripensare l’organizzazione che dovrebbe rispondere a criteri di efficienza in nome del servizio agli studenti e che è invece piegata ad altri interessi (basti pensare alle logiche sottese alle graduatorie del personale, agli orari di servizio, alla divisione degli alunni in classi di età)”;
• “investire risorse in modo efficiente, partendo dalle richieste dei territori”;
• “personalizzare i curricoli secondo i bisogni formativi di ciascuno perseguendo, in tal modo, il fine dell’autonomia e di una scuola inclusiva”.

I dirigenti scolastici padroni delle scuole, equiparate agli uffici postali o alle sedi dell’INPS, infastiditi dagli organi collegiali e dalle norme nazionali. Dirigenti per i quali il reclutamento dei docenti basato sulle graduatorie dei concorsi, gli orari di servizio e la divisione degli alunni per classi di età sono intralci inaccettabili ma sono invece priorità le “richieste dei territori”, i “propri progetti educativi” e la “personalizzazione dei curricoli”, tutte funzionali all’asservimento delle scuole a dinamiche locali di natura economicistica.

AGORÀ 33:
La scuola democratica e dell’uguaglianza

La scuola veramente democratica, della Costituzione, in cui le norme nazionali e la comunità dei docenti orientano le scelte didattiche nell’interesse esclusivo degli alunni e garantiscono una scuola di qualità e uguale per tutti i cittadini italiani. Non è pensabile che le opportunità di sviluppo culturale e di crescita umana di un alunno siano in alcun modo determinate o anche solo influenzate dalla realtà economica in cui vive. Il continuo riferimento alla “personalizzazione” dei curricoli (tra l’altro solo illusoria, visto il numero di studenti per classe) evoca una scuola che non dovrà più aprire orizzonti culturali nuovi e imprevedibili per gli studenti, in un vero universalismo democratico, ma dovrà lasciarli lì dove sono, con una rapida verniciatura di ‘competenze’ necessaria a farne al massimo degli esecutori.
A noi piace la concezione di scuola che fu di Pietro Calamandrei, ossia quella di “organo costituzionale” e di “organo centrale della democrazia”. A loro piace la concezione di scuola come serva dell’economia.

ANP:
La scuola a immagine e somiglianza della società

• “…una scuola che si colloca nella realtà, che supera la discrasia tra sé stessa e la comunità cui appartiene. Una scuola che smette di fare il contrario di quello che avviene nel mondo, come richiedere prestazioni solo individuali (mentre il lavoro all’esterno richiede attività di gruppo e condivisione); valorizzare prevalentemente il pensiero astratto e simbolico (mentre fuori ci si avvale di strumenti); insegnare conoscenze generali (mentre nelle attività esterne dominano competenze legate a situazioni concrete)”.

Una scuola totalmente appiattita sul modello di società imposto dall’economia e sulle sue richieste. Totalmente inutile, se non addirittura sconveniente, diventa quindi un’istruzione basata sulla varietà delle conoscenze e su un’impostazione critica verso la società esistente.

AGORÀ 33:
La scuola come baluardo critico verso la società

Per noi una scuola potenzialmente discrasica rispetto alla società, una scuola che concepisca e valuti un’azione contraria a quello che avviene nel mondo, è una scuola che assolve ad uno dei suoi compiti più alti. Il pensiero astratto e simbolico è l’espressione più alta dell’intelletto umano, ma evidentemente l’ANP ritiene più importante “l’uso di strumenti”. Si preferisce l’Homo habilis all’Homo sapiens.

Note:

  1. Malgioglio, L., Zammarelli, A., I voti, la scienza e l’ideologia, https://nostrascuola.blog/2022/10/14/i-voti-la-scienza-e-lideologia/.
  2. Calvani, A. (2013). Le TIC nella scuola: dieci raccomandazioni per i policy maker. Form@re – Open Journal Per La Formazione in Rete, 13(4), 30-46. https://doi.org/10.13128/formare-14227.
  3. Viero, D. (in press), Contro-voto, in “Clionet”, VII (2023).

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